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In vista della discussione sul bilancio che si terrà in Consiglio nel corso del prossimo mese, è giusto chiarire alcuni dati.

Innanzitutto quanto ha recentemente denunciato la Cgia di Mestre sul suo sito: per sostenere una spesa pubblica che dal 1997 ad oggi è cresciuta, al netto degli interessi sul debito, del 68,7% (in termini assoluti di 296mld), le entrate tributarie hanno subito una vera e propria impennata verso l’alto. L’ufficio studi dell’associazione degli artigiani e della piccola impresa calcola che sono cresciute del 204,3% quelle locali (74,4 mld) e “solo” del 38,8% quelle statali (102,6mld). L’anno di partenza di questa rilevazione, fa notare la Cgia, coincide con l’approvazione della prima legge Bassanini che diede avvio al federalismo amministrativo e alla semplificazione burocratica. “Non dobbiamo dimenticare – ha dichiarato Giuseppe Bortolussi, segretario dell’associazione di Mestre – che, negli ultimi 20 anni, le Regioni ed i Comuni sono diventati responsabili della gestione di settori importanti come la sanità, i servizi sociali e il trasporto pubblico locale senza aver ricevuto un corrispondente aumento dei trasferimenti. Anzi. La situazione dei nostri conti pubblici ha costretto lo Stato centrale a ridurli progressivamente, creando non pochi problemi di bilancio a molte amministrazioni locali che si sono difese facendo leva sulle nuove imposte locali introdotte dal legislatore”.

Tuttavia questa importante premessa generale, che dovrebbe impegnare tutti noi a far prendere maggiore coscienza della situazione i rispettivi referenti politici nazionali – perché portino a compimento la riforma federale dello Stato -, deve coniugarsi con la situazione locale milanese. Con la pubblicazione sul sito del Comune della pronuncia di accertamento n. 355/2013 della Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia relativa al rendiconto consuntivo 2011, tutti i milanesi possono farsi un’idea a tal proposito. Interessante notare che i giudici contabili parlino di “costante squilibrio di parte corrente registrato nell’ultimo triennio”, il che fa decadere il continuo e insistente richiamo della Giunta Pisapia alle responsabilità di quella precedente, e certifica il fallimento della gestione economica di quella attuale segnato proprio dal progressivo aumento della spesa di parte corrente (+200 mln solo nell’ultimo anno!). Inoltre la Corte dei Conti invita la Giunta ad “adottare i necessari provvedimenti atti a mantenere il rapporto con le società partecipate nell’ambito dei canoni di sana gestione e legalità finanziaria, evitando l’incidenza negativa sulla situazione finanziaria e patrimoniale del Comune”. Il che, in questa fase di crisi della finanza pubblica, può essere tradotto in un solo modo: liberalizzare i servizi oggi monopolio comunale. E per raggiungere l’equilibrio di parte corrente evitando il ricorso ad un ulteriore inasprimento della pressione fiscale e ad entrate straordinarie (dividendi dalle partecipate, vendita di alcune quote, ecc.), si può intervenire in settori dell’amministrazione quali le politiche sociali, l’educazione, la cultura e lo sport e valorizzare maggiormente l’iniziativa privata, piuttosto che privilegiare il finanziamento della domanda a quello all’offerta. Il tutto procedendo ad una parallela dismissione dell’iniziativa diretta del Comune.

Ecco cosa occorrerebbe fare in attesa di un federalismo compiuto. E di trasferimenti statali calcolati in base ai fabbisogni reali della città, non ai flussi di cassa che penalizzano i più virtuosi. Cioè le amministrazioni locali che pagano in tempo i propri fornitori.

Matteo Forte

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