I costruttori: fiducia nel futuro, ma ognuno faccia la sua parte

Credo che una delle chiavi per vincerle sia la parola “fiducia”: lavorare tutti, istituzioni e mondo dell’impresa, per costruire una rinnovata fiducia reciproca, un nuovo rapporto positivo tra pubblico e privato, una nuova alleanza orientata al cambiamento e al progetto, con spirito “ambrosiano”. Ma tutti devono fare la loro parte, perché certo, i problemi non mancano, come ha sottolineato nel suo intervento la Presidente Regina De Albertis. Per esempio, per quanto riguarda la rigenerazione urbana e la casa: “il complesso delle leggi in materia, ha stimato ANCE, conta più di 90 cambiamenti in 20 anni che hanno creato, bisogna dirlo, un caos interpretativo che non serve a nessuno”. Per non parlare della sentenza del luglio scorso della “Corte Costituzionale è stato ritenuto illegittimo il conferimento ai Comuni delle funzioni amministrative relative alle procedure di bonifica previste da una Legge Regionale di 20 anni fa. Che vuol dire che in Lombardia si sono fermate più di 2000 pratiche di bonifica, di cui circa 500 nel solo Comune di Milano, comprese quelle del PNRR e delle Olimpiadi”. Con buona pace delle politiche ambientali e della sensibilità ecologica tanto in voga in questi anni, a cui pure il settore delle costruzioni sta dando grande importanza: “L’edilizia – ha ricordato ancora De Albertis – produce quasi la metà dei rifiuti totali del nostro Paese, ma siamo anche i migliori in Europa nel recupero di questi materiali: nel 2022 abbiamo registrato un +8 % rispetto al 70% di obiettivo europeo“.
Lavorare tutti insieme, dunque. Ognuno facendo il suo, per rilanciare il territorio, pensando ai temi della formazione di migliaia di nuovi addetti (nel decennio 2008 -2018 sono usciti dal settore 600 mila lavoratori) attraverso il sistema di formazione e lavoro di Regione Lombardia, a quello dell’adeguamento dei prezziari, al dialogo con l’Europa per definire obiettivi di sostenibilità che tengano conto delle specificità industriali del nostro Paese, e ancora alla necessità di concepire lo sviluppo urbanistico secondo una visione di “città-regione”, che superi i confini amministrativi, spesso inadeguati per risolvere problemi che hanno una scala diversa.