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Uno studio della Camera di Commercio di Milano spiega molto bene cosa si intende quando si definisce la famiglia quale prima agenzia di welfare. La tesi l’ho sostenuta in aula a luglio, durante la discussione sull’istituzione dell’addizionale comunale Irpef. Non si può tassare in modo indifferenziato, senza tenere conto di due aspetti: la vera risorsa di cui gode la società italiana è il risparmio delle famiglie e la loro ricchezza accumulata in tanti anni di sacrifici; due persone con lo stesso reddito non possono pagare le medesime tasse se una deve mantenere sé stessa e l’altra più componenti il nucleo familiare. Quel nucleo che ridistribuisce la ricchezza al proprio interno, offre servizi di cura, protezione ed educazione ai propri membri. In particolare, quest’ultimo aspetto, taglia la testa al toro: non è vero che per garantire servizi ai cittadini occorre per forza spremere attraverso la leva fiscale. La prima agenzia di welfare si occupa di fornire una rete di sostegno e servizi alla persona puntuale, gratuita e senza temere concorrenza.

Lo studio redatto dalla Camera di Commercio di Milano ci dice esattamente questo, stimando in 200 euro al mese e in 50 miliardi di euro annui globali il risparmio che i nonni generano per la famiglia. Perché? È presto detto: i nonni si occupano spesso di babysitteraggio, prestano aiuto durante le vacanze offrendo la propria seconda casa come luogo dove trascorrere le ferie, sostengono nella spesa e aiutano a far da mangiare ai figli. Senza dimenticare poi gli aiuti per la pulizia, la lavanderia, le piccole commissioni e la cura degli animali.

Ma i nonni non danno una mano solo in casa: gli aiuti professionali e finanziari permettono alle famiglie di risparmiare circa 10 miliardi di euro l’anno, suddivisi tra l’aiuto a chi lavora in proprio, prestiti, regali e piccole riparazioni.

Matteo Forte

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