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Immagine WhatsApp 2023-09-22 ore 18.49.24Milano, 22 settembre 2023 – La situazione interna dei paesi africani tra crisi sociali, economiche, climatiche, e l’evoluzione dei flussi migratori: l’argomento, di enorme attualità, è stato sviscerato da diversi punti di vista nel convegno “Partire senza costrizioni. Liberi di rimanere”, promosso a Palazzo Pirelli da LabOra e Fondazione Farefuturo in occasione della prossima Giornata del migrante in programma domenica 24 settembre. Citando Papa Francesco e l’intervento della premier Meloni all’Onu, il consigliere regionale di FdI Matteo Forte ha introdotto cosi i lavori:

Vogliamo guardare il fenomeno dell’immigrazione non esclusivamente come una questione di persone da considerare come braccia da lavoro. Esistono infatti l’aspirazione dei popoli alla libertà e anche il diritto a vivere una vita dignitosa in patria. L’incontro con l’Africa interroga perciò fino in fondo noi europei rispetto alla nostra identità, su chi siamo e dove vogliamo andare e su quale tipo di relazione instaurare col continente africano“.

Al convegno hanno preso parte tra gli altri i deputati di FdI Lorenzo Malagola e Marco Osnato.

Un primo panel, coordinato dal giornalista Alberto Giannoni, ha permesso di approfondire i dati del fenomeno attraverso gli interventi di Claudio Fontana (Oasis), Mattia Caniglia (fondazione De Gasperi), Lorenzo Vidino (George Washington University). Da parte di tutti è stato riconosciuto che soluzioni facili non ne esistono, per tutta una serie di motivi: l’esplosione demografica del continente (che passerà da 1,5 miliardi a quasi 4 nel 2100), le guerre, i disastri climatici, la presenza del terrorismo islamico e delle grandi potenze mondiali. Problemi destinati a rimanere a lungo cui si aggiunge, nell’immediato, il fatto che non sempre è distinguibile il migrante dal trafficante.

Il secondo panel, coordinato da Giacomo Gentile cooperatore dell’Associazione pro Terra Santa (Pts), ha presentato alcune esperienze positive. Dalla Sierra Leone John Kanu ha descritto l’esperienza del Chesterton Center, scuola autonoma nata a Oxford e poi “esportata” con successo in Africa. Un progetto di sviluppo attivo in Senegal è stato poi illustrato da Abdou Mbar Sylla (Rete per l’eradicazione della povertà) mentre Mario Molteni (Altis Università Cattolica) ha spiegato l’attività della fondazione E4Impact, che si occupa di formare nuovi imprenditori africani in Africa. Quanto fatto dal Terzo Settore è stato oggetto dell’intervento di Franco Argelli (Avsi) e di Sandra Sarti (Aiuto alla chiesa che soffre)

Della religione come possibile fattore di convivenza e non di divisione hanno parlato coordinati dal giornalista Andrea Avveduto, Vittorio Robiati Bendaud del Tribunale Rabbinico del nord Italia, Hassen Chalaghoumi, imam di Drancy, Maryan Ismail, prima donna imam italiana e il Cardinale Angelo Bagnasco, già presidente della CEI e dei vescovi europei.

Oggi – ha esordito il cardinal Bagnasco nel suo intervento – si parla molto di diritti ma poco del fondamento dei diritti che è la ragione umana usata con responsabilità. Anche la questione delle migrazioni va inquadrata in un contesto di razionalità e di legalità: non c’è diritto a partire o a restare se non nella legalità. Accogliere tutti non vuol dire accogliere tutto perché accogliere tutto equivale a non accogliere davvero. Il migrante non è innanzitutto forza lavoro ma persona umana che lo Stato, le istituzioni devono rispettare e non prevaricare in tutte le sue dimensioni compresa quella religiosa. L’integrazione è il contrario dell’assistenzialismo, che può essere necessario nel breve periodo ma non endemico. Una prima condizione è la volontà di integrarsi, rispettando lingua e storia di ciascuno. Casa e lavoro non esauriscono la questione, lingua e storia creano anche affezione e senso di appartenenza. La solidarietà europea - ha proseguito il cardinale - non è innanzitutto dare contributi, necessari ma non sufficienti. L’approccio deve essere la presa in carico integrale delle persone, un approccio che si stenta a cogliere in molte decisioni di Bruxelles. Europa vuol dire innanzitutto presa di coscienza di un destino comune. A che punto è questa presa di coscienza? Se dovessimo giudicare da come l’Unione ha affrontato la questione dei flussi migratori, direi che siamo piuttosto indietro. Certo, l’Europa unita è una grande utopia ma anche queste grandi utopie fanno bene alla prassi. Quello che i vescovi europei auspicano per il nostro Continente – ha concluso Bagnasco – è che si consolidi un clima di maggiore rispetto di tutte le realtà civili e religiose, una sintonia e non voci dissonanti e stonate.”

A questo proposito l’ex presidente dei vescovi europei ha concluso chiamando in causa proprio le organizzazioni sovranazionali: “Insieme alle grandi Istituzioni mondiali, non è possibile una massiccia e severa azione di contrasto a coloro che – criminali e organizzazioni criminali – sfruttano i migranti? Se l’Italia deve avere la solidarietà operosa dell’Unione, anche l’Unione deve chiamare in causa i soggetti internazionali“.

A conclusione della giornata sono intervenuti l’Ambasciatore Gabriele Checchia di Fare Futuro e il professor Luca Vanoni docente di diritto comparato all’Università degli Studi di Milano.

Matteo Forte

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