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Un interessante editoriale di quest’oggi sull’edizione milanese di la Repubblica affronta la questione degli sprechi alimentari nelle mense delle nostre scuole. Il tema è stato affrontato con Milano Ristorazione in diverse commissioni congiunte (educazione e partecipate). Al momento Siticibo recupera solo pane e frutta, perché per gli altri alimenti si pongono una serie di problemi: il mantenimento in condizioni idonee del cibo recuperato dalla mensa e la sua distribuzione la sera stessa.

Durante una commissione dello scorso anno, in cui sono stati auditi i responsabili del Banco alimentare, su mia precisa richiesta è stata anche illustrata una sperimentazione fatta a Torino. Lì si sono adoperati dei contenitori isotermici, distribuiti al mattino nelle scuole e recuperati al pomeriggio una volta riempiti di eccedenze di porzioni di pasti. I costi dei contenitori, la necessità di tenerli costantemente collegati alla rete elettrica, il fabbisogno di personale con furgoni tanto al mattino quanto al pomeriggio, la disponibilità di strutture caritative a servire pasti la sera – unitamente alla possibilità di collegare più contenitori contemporaneamente alle prese elettriche per conservare gli alimenti, la cadenza quotidiana del servizio e, molto spesso, l’età avanzata dei volontari infrasettimanali delle strutture caritative, hanno reso quasi impossibile il buon esito della sperimentazione. Da questo punto di vista non ci sono “colpevoli” da individuare. Maggioranza e opposizione sono unite nel cercare soluzioni al problema, se non altro visto il tema dell’Expo che Milano si appresta ad ospitare.

La sensibilità c’è; è la soluzione tecnica che – al momento – è difficile da trovare. Non credo tanto alle ipotesi frutto di riunioni nelle stanze chiuse di Palazzo Marino, come quella di aprire la scuola agli anziani per cenare con gli avanzi del pranzo. La scuola è scuola, non può diventare una mensa per i poveri. E i poveri non possono essere trattati come i cani che arrivano a mangiare le briciole cadute dal tavolo dei propri padroni. E poi chi individuerebbe gli anziani “degni” di accedere alla mensa della scuola? Il Comune? Non scherziamo! La soluzione va trovata creando una rete col Banco alimentare e le 246 strutture caritative che sulla città si occupano di recuperare e redistribuire le eccedenze alimentari. Con loro occorre ripensare a tutta la filiera, coscienti delle reali forze in campo e secondo criteri di sano realismo. E anche grati del fatto che il privato sociale da solo già riconsegna alimenti alla città per un valore annuo di quasi 9 milioni di euro. La politica deve interrogarsi su come sostenere questa straordinaria realtà.

Da questo punto di vista, le ipotesi sulla futura Tasi (la cui componente “rifiuti” potrebbe pagarsi a peso) dovrebbero indurci ad incentivare chi dona cibo in eccedenza invece di buttarlo nella spazzatura. La maggioranza arancione delle tasse cominci a pensarci seriamente.

Matteo Forte

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