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Ennesimo pasticcio arancione. La sinistra ha data per discussa la delibera istitutiva il Registro delle Unioni civili che non comporta alcun cambiamento amministrativo, se non un aggravio di burocrazia con l’istituzione di un apposito registro e la richiesta del rilascio di relativi attestati di “famiglia anagrafica”. Forse questo è anche uno dei motivi per cui questi registri notoriamente rimangono vuoti.

Ad ogni modo per quanto riguarda l’accesso a determinati servizi da parte delle coppie di fatto, la capogruppo del Pd, Carmela Rozza, ha spiegato che già esistono le norme che lo permettono. È il caso dell’accesso alle case popolari anche per le convivenze more uxorio, come previsto dalla legge regionale 27 del 2009 (che non conferisce maggiore punteggio a chi è sposato, ma stila una graduatoria in base ai bisogni e alla presenza di figli). È il caso dell’assistenza ospedaliera, come previsto dalla legge nazionale 6 del 2004. È il caso dell’accesso agli asili per i figli delle coppie non sposate, come avviene ogni anno con circolare comunale. Il provvedimento approvato ieri dalla sinistra, insomma, sarebbe uno strumento inutile se non diventasse dannoso per l’aumento di burocrazia che genera. E ideologico per l’intento strumentale con cui viene presentato, al fine di sensibilizzare il Parlamento all’equiparazione tra matrimonio e convivenze omosessuali.

Matteo Forte

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