L’insulto anacronistico e ingiusto con cui è stata imbrattata a Roma la statua del grande Wojtyla è un importante momento rivelatore del modo di pensare di certi cattivi maestri
di M. Forte, su Tempi.it di martedì 7 ottobre 2025.
Finalmente, un momento di verità. Finalmente, eccolo spuntare in un tempo così segnato dalla menzogna. In giornate in cui l’emotività per la tragica vicenda di Gaza impone di schierarsi da una parte o dall’altra dello scacchiere politico (non delle vittime innocenti, va da sé, altrimenti saremmo tutti concentrati sul piano di pace, non sull’Invencible Armada de’ noantri flottiglieri), qualcuno ha gettato la maschera. Qualcuno dei manifestanti pro Pal ha imbrattato la statua di Giovanni Paolo II davanti alla stazione Termini. L’ha imbrattata scrivendo: “Fascista di merda”.
Quel qualcuno, in un clima politico contrassegnato da slogan falsi e iniqui, è stato per una volta onesto. Il grande Pontefice che ha traghettato la Chiesa nel secondo millennio cristiano è giustamente da considerare un “fascista di merda”.
Quanti fascisti che non lo erano
Sia chiaro, non penso che san Giovanni Paolo II sia stato veramente un fascista. Chi conosce minimamente anche solo qualche cenno della biografia del grande Karol Wojtyla non può essere così ignorante da pensarlo veramente. Egli, infatti, diede il suo contributo – nella forma artistica del teatro rapsodico clandestino – alla resistenza polacca contro i nazisti. Ma qui la storia non conta nulla. Nel nostro caso “fascista” non ha assolutamente il significato che il dramma del Novecento ci consegna. E ciò ormai lo sappiamo da un pezzo. Forse anche in questo in Italia siamo precursori.
Già dalla metà del secolo scorso si parlava di “fanfascismo” per denigrare la politica di uno statista appartenente al famoso gruppo dei professorini democristiani che ricostruirono la nazione dopo la guerra e il regime di Mussolini. L’accusa di fascismo ricadde anche sul socialdemocratico Giuseppe Saragat, reo di aver fondato un partito già nel 1947 per prendere le distanze da una sinistra considerata da lui troppo sotto l’egemonia comunista. Ma tutto questo non c’entra nulla con l’epiteto “fascista di merda” rivolto al papa polacco. Ho voluto solo ricordare quegli episodi del nostro passato per spiegare come l’accusa di fascismo abbia assunto nel tempo un significato del tutto separato dall’esperienza del regime totalitario che l’Italia ha conosciuto nella prima metà del Novecento.
A quando Madre Teresa?
Il termine “fascista”, infatti, ha via via assunto una serie di contenuti fuorvianti a tal punto da non richiamare più nemmeno lo specifico della politica della Prima Repubblica (così segnata ancora per decenni dagli effetti della guerra civile tra partigiani e repubblichini), ma raccoglie tutte quelle posizioni considerate ostili dal politically correct occidentale. Se per settimane abbiamo sentito dire che Charlie Kirk era un violento estremista che se l’è andata cercando solo perché considerava l’aborto al pari dell’Olocausto, prima o poi sarebbe stato inevitabile considerare tale anche quel papa venuto da lontano che, ancora oltre cortina, fece pubblicare in polacco e distribuire clandestinamente Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci.
Aspettiamo che tra i nemici del popolo venga annoverata anche Madre Teresa, che ricevendo il premio Nobel spiegò convinta quanto il primo attentato alla pace nel mondo è quando una donna può sopprimere un figlio nel proprio ventre. Anche la santa di Calcutta è fascista. Non nel senso che rappresenta un pericolo per la ricostituzione del disciolto Partito nazionale fascista, evidentemente. Piuttosto nel senso corrente che rappresenta uno scandalo per il regno del progressismo, dove vige un solo modo di pensare e di parlare. Quale modo? Quello del relativismo culturale ed etico, per cui valgono solo i capricci dell’io. E per cui non solo non esiste una verità sulla vita dell’uomo, ma risulta pericoloso anche il solo porne la domanda.
Il frutto delle cattive lezioni dei cattivi maestri
Così la Chiesa è tollerata se aiuta a chiudere i pacchi da imbarcare sulla Flottiglia, ma è intollerante e fascista se richiama a un ethos comune e al fondamento trascendente della convivenza tra gli uomini. Ecco perché quel “fascista di merda” scritto sulla statua di Giovanni Paolo II non è il gesto isolato ed esagerato di un ragazzino esaltato. È lo spirito del tempo. È l’esito di questo primo quarto di XXI secolo. È l’esito pratico di decenni in cui cattivi maestri hanno teorizzato la necessità che la fede rimanga estranea al discorso pubblico, pena minacciare il sistema democratico che non sarebbe altro che una mera procedura per garantire l’affermazione di diritti individuali(stici).