Questa mattina sono stato insieme ai colleghi della Sottocommissione carceri a Opera. A parte il freddo che costringeva detenuti e agenti di polizia penitenziaria a vivere veramente “al fresco” con addosso più maglioni e giacche, quel che il Direttore della casa di reclusione ha lamentato è il continuo trasferimento in Tribunale degli imputati per reati connessi alla criminalità organizzata. Effettivamente ciò comporta l’impiego di molto organico – sottraendolo alla sorveglianza interna – e un certo esborso di risorse. Opera è da sempre destinato alla reclusione dei 41bis, o comunque di soggetti ad “alta sorveglianza”. Rimane il fatto che è una casa di reclusione, dove in teoria dovrebbero trovarsi i condannati in via definitiva. Invece anche lì si trovano molti detenuti in attesa di giudizio. Insomma, si ripropone l’annosa questione che riguarda il sistema penitenziario e quello giudiziario insieme.
Il sopralluogo di questa mattina, tra l’altro, è avvenuto all’indomani della diffusione di dati da parte del Ministero della Giustizia, che contano 66.335 detenuti nelle carceri italiane a fronte di una capienza regolamentare di 47.048. Nel novembre 2011, prima dell’insediamento del Ministro Severino, i detenuti erano a quota 68.047. Il calo registrato, fanno notare al Ministero, è merito del dl “salva-carceri” del dicembre 2011. Senza quell’intervento, rilevano, la popolazione degli istituti di pena avrebbe sfondato quota 70mila. Il ministro Paola Severino ha detto che entro il 2014 ci saranno 11mila posti in più nelle carceri. Gli stranieri detenuti sono 23.698, le donne 2.863. Quelli in attesa di giudizio sono 26.231, mentre nella sola Lombardia, su un totale di 9.419, i “tecnicamente innocenti” sono 3.861.
A ciò si aggiunge il tema del lavoro dietro alle sbarre. Pur avendo un trend non inferiore a quello nazionale, a Opera sono impegnati in una attività lavorativa circa 70 detenuti su una popolazione di oltre 1.200. Vale sempre la pena domandarsi se dedicare maggiori risorse a questo tipo di percorso non significhi diminuire il tasso di recidiva e, di conseguenza, investire nella sicurezza collettiva.