Forte (FdI): il sentimento anti sistema va monitorato.
di Sara Bettoni, su il Corriere della sera – ed. Milano di giovedì 13 novembre 2025
«C’è un antisemitismo di ritorno, che cresce soprattutto tra i giovani». Matteo Forte, consigliere regionale in quota Fratelli d’Italia, è presidente della commissione Affari istituzionali ed enti locali al Pirellone, con delega anche alla sicurezza. All’indomani dell’intervista del Corriere a Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano, riflette sui recenti attacchi ai danni di ebrei e sulla violenza esplosa nelle scorse settimane durante alcune manifestazioni a sostegno della popolazione di Gaza. «La percezione di insicurezza di cui parla Meghnagi corrisponde a un dato di cronaca — dice —.
Oltre all’aggressione in stazione Centrale a un gruppo di ebrei ortodossi americani, ricordo quella all’autogrill di Lainate a luglio, ma anche le ingiurie rivolte a una famiglia di San Siro davanti alla porta di casa e la cancellazione di un convegno in Statale su Israele nel 2024».
Forte cita alcuni dati a sostegno delle due affermazioni: da ottobre a dicembre
2023, 216 atti antisemiti in Italia. Altri 467 nei primi sei mesi di quest’anno. «E l’istituto di ricerca Eurispes — aggiunge — dice che l’antisemitismo è cresciuto soprattutto nella fascia d’età dai 18 ai 24 anni, in particolare dopo il 7 ottobre 2023». A suo giudizio, questo fenomeno va inquadrato nella ricerca dei giovani di qualcosa in cui identificarsi. «La vicenda medio-orientale mi sembra una valvola di sfogo di un generico sentimento anti-sistema». E cita le rivolte esplose in città l’anno scorso, dopo la morte di Ramy Elgaml, il igenne caduto in scooter al termine di un inseguimento con i militari. «Se oggi attraversiamo le strade dove ci fu la rivolta, troviamo l’accostamento di quella vicenda alle scritte “free Palestine”».
Esiste un collegamento, dice, tra il bisogno di riconoscimento dei giovani e la questione palestinese. «La nostra società, le nostre scuole non hanno saputo offrire nulla o, peggio, hanno avuto vergogna a dire chi siamo». Il primo aspetto su cui lavorare, quindi è il tema educativo.
La seconda questione è invece «la radicalizzazione. Bisogna scegliere interlocutori che aiutino a prevenire i segnali di estremismo». Formare assistenti sociali, educatori, operatori di pubblica sicurezza. «E porre attenzione a quelle realtà che costituiscono un brodo di coltura dei lupi solitari e che hanno siti internet legati alla Fratellanza musulmana. Bisogna, invece, trovare interlocutori qualificati anche nel mondo islamico come Coreis, Confederazione islamica: a Milano abbiamo la prima imam donna». Attori che altrimenti rischiano di essere sovrastati da chi ha capacità mediatica e comunicativa più vasta. «Le altre sigle che compaiono nelle black list di Paesi europei come la Germania o arabi come gli Emirati non sono da legittimare. Semmai da monitorare. Dobbiamo evitare che le seconde e terze generazioni cadano in queste reti».
Un supporto va dato anche agli amministratori locali, a suo giudizio. «Nessun patentino, ma bisogna aiutare i Comuni a capire chi sono gli interlocutori, quali collegamenti hanno le realtà, le associazioni che chiedono l’uso di spazi pubblici».