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La sfida di costruire un nuovo Welfare

La contrarietà all’impostazione di fondo del Piano del Welfare di Majorino non ha impedito di ragionare su alcuni significativi miglioramenti. L’idea del welfare come di una questione di soli diritti è sbagliata. Preferisco parlare di un mix di diritti e doveri. L’accento sui soli diritti porta ad un aumento della spesa corrente, come dimostrano i 200milioni in più dell’ultimo bilancio. Mossi da questa convinzione abbiamo apportato contributi significativi in materia di famiglia, minori, carceri e razionalizzazione della spesa sociale con emendamenti di cui ero il primo firmatario.

Per quanto riguarda la famiglia abbiamo impegnato il Comune a creare un gruppo di lavoro che sperimenti l’applicazione del Fattore Famiglia nell’accesso ai servizi, in modo da tenere maggiormente in conto il numero dei componenti il nucleo e i compiti di cura svolti al suo interno. Inoltre abbiamo recuperato i soldi stanziati dalla Regione per il servizio di Informafamiglia, tagliato da questa Giunta: i 174mila euro rimanenti li abbiamo impegnati per progetti che mirino a prevenire e risolvere i conflitti fra genitori, in modo da evitare che i minori siano coinvolti in procedimenti davanti ai giudici e la separazione e il divorzio diventino causa di nuova povertà. Per quanto riguarda gli asili, la Giunta dovrà modificare gli avvisi e i moduli di iscrizione, specificando che il genitore non convivente che tuttavia ha riconosciuto il figlio dovrà essere conteggiato nell’ISEE; questo impedirà discriminazioni nelle liste d’attesa, perché permetterà di valutare meglio le reali situazioni di bisogno. Poi abbiamo impegnato l’amministrazione ad istituire un Osservatorio sui minori che coinvolga l’associazionismo familiare e in materia di carceri abbiamo recepito un Protocollo d’intesa siglato il 20 giugno scorso dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) e l’ANCI. In sostanza: il Comune dovrà promuovere un Accordo quadro con Asl, Camera di Commercio e le eventuali associazioni di categoria interessate per individuare o progettare percorsi lavorativi che possano recuperare alla società la popolazione detenuta. Abbiamo a Milano l’esempio di Bollate, dove il lavoro dimezza la recidiva: se quella nazionale s’aggira intorno al 60%, lì la media è del 30%. Non solo, ma in presenza di una progettualità adeguata e credibile il DAP si impegnerà a sollecitare la Magistratura di Sorveglianza a comminare pene alternative al carcere. Ciò ha una duplice finalità: rispondere al problema del sovraffollamento delle carceri e, se si considera che il mantenimento giornaliero di un detenuto è di 132 euro, diminuire i costi del sistema penitenziario.

Infine, per rimanere in tema di costi, abbiamo impegnato il  Comune a mettere Regione, Ministero delle Politiche Sociali e INPS intorno ad un tavolo. L’obiettivo è quello di conoscere nel dettaglio le rispettive azioni sulla città e le relative risorse, in modo da pensare in sinergia una razionalizzazione delle spese per il sociale, evitare la duplicazione di erogazioni e il sovrapporsi di stanziamenti.

Abbiamo colto la sfida di un welfare sempre più a corto di risorse pubbliche, ma non per questo meno incisivo ed efficace nella risposta al bisogno. La sfida ora è lanciata alla Giunta.

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