Dicembre tempo di bilanci. Quello di assestamento, appena votato in aula. E quello di previsione del 2015, che deve ancora arrivare.
Come negli ultimi anni lo scenario è cupo. Anche perché sono incerti i tagli che Milano subirà da Roma. Si parla di 100 milioni nell’articolo del Sole 24 ore apparso l’altro ieri. Due mesi fa, in realtà, lo stesso giornale parlava di 178 milioni. Ad ogni modo si tratta di pesanti tagli da parte dello Stato. Il “buco”, invece, che ciclicamente riempie le pagine dei maggiori quotidiani, nasce nel momento in cui ad una spesa che cresce costantemente non corrispondono altrettante entrate. Le famose riforme strutturali, che non riguardano solo lo Stato, ma anche gli enti locali, dovrebbero agire esattamente su quel meccanismo: a fronte di minori entrate, e di una pressione fiscale ormai insostenibile, bisogna provare a diminuire la spesa corrente, riconsiderando il perimetro di intervento del pubblico nell’erogazione dei servizi. Questo è il punto politico che, almeno per quel che mi riguarda, mi differenzia dalla gestione Pisapia: essa, nel previsionale 2014, segnava un aumento di spesa corrente del 14%. Nell’assestamento appena votato in Consiglio addirittura un +10% sulla previsione. Assolombarda ha documentato come solo nel 2013 nel milanese il fisco locale ha conosciuto un incremento del 13%. Per quel che riguarda il 2014, tra Imu, tasi e tari, si parla di una media del +4%. E’ evidente che alla lunga questo paradigma amministrativo non può tenere: per sostenere la continua dilatazione della spesa impoverisco sempre di più la città e il territorio, accrescendo le fila di quanti dovrebbero essere assistiti dal pubblico. E’ un gatto che si morde la coda.
Ora i 100 o 178 mln di tagli al Comune sono frutto delle manovre degli ultimi due anni, che si sommano ai 318 mln subiti dal 2010. Sull’anno dell’Expo rischiano di gravare a tal punto da compromettere la capacità di Milano a gestire l’evento e i flussi turistici. Oltretutto per la nostra città i meccanismi previsti dalla Legge di Stabilità sono particolarmente penalizzanti. Questi, infatti, puniscono chi – proprio come la nostra amministrazione – ha già avviato dalla scorso anno i nuovi meccanismi di contabilità che prevedono l’istituzione a bilancio di un fondo crediti di dubbia esigibilità che assorbe la spesa corrente (si tratta di risorse destinate ad ammortizzare il mancato introito delle entrate tributarie del previsionale). Il combinato disposto di questa misura, già avviata da un anno a Milano, e l’abbassamento della soglia per il rispetto del Patto di Stabilità, inizialmente pensato come premio per i Comuni che devono investire risorse, magari in nuove opere, porta alla drastica riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato. Con il paradosso che Milano, pur spendendo poco meno del fabbisogno standard della sua popolazione (1160 euro spesi per abitante rispetto a un fabbisogno di 1171), è trattata peggio di quelle città che, invece, spendono molto di più di quel che sarebbe richiesto.