Oggi sono intervenuto all’evento “Immigrazione e Sicurezza” organizzato da Fratelli d’Italia in regione.
Il numero di stranieri residenti in Italia (8,7%) è in linea con la media europea (9,2%). Per quanto riguarda la cittadinanza, la nostra legge funziona: siamo la nazione che ne riconosce di più in Europa, con oltre 200mila nuovi cittadini di origine straniera per il terzo anno consecutivo. Il 48,5% la ottiene per trasmissione del diritto da parte dei genitori o perché neo 18enni che scelgono liberamente di diventare italiani: nel 2023 sono stati 78.078 tra gli 0 e i 20 anni.
Cosa non funziona? L’integrazione. Ce lo dicono, per esempio, i dati della popolazione carceraria (è straniero il 31,3% dei detenuti) o quelli dell’aumento degli arresti (a Milano in un anno +11%).
Per chi vuole governare i grandi fenomeni globali di quest’epoca occorre sviluppare un modello di integrazione che superi quello attuale, basato sull’apertura indiscriminata delle frontiere per far venire da fuori a godere del nostro generoso sistema di welfare. Si può pensare di proporre un “modello repubblicano”.
Questo modello si deve basare sempre di più sul lavoro come chiave di ingresso regolare; sul contributo materiale e spirituale che singoli e associati sono chiamati a dare alla vita della Nazione (come recita l’art.4 della Costituzione) in termini di volontariato e impegno civile; sulla laicità delle istituzioni, che sa riconoscere e valorizzare il contributo delle diverse confessioni, purché non in contrasto con l’ordinamento, lo stato di diritto e la dignità della persona. Da questo punto di vista il modello repubblicano non può essere relativista e considerare tutte le culture di provenienza uguali; non deve essere ingenuo e pur riconoscendo la libertà religiosa deve sapere qualificare i propri interlocutori e attivare strumenti di anti-radicalizzazione.