«Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio. Nessun tormento le toccherà. La loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina. Ma essi sono nella pace» (Sap 3,1-3). Con queste parole il Cardinal Angelo Scola, arcivescovo di Milano, è stato di fronte alle bare del giudice Fedinando Ciampi e dell’avvocato Lorenzo Claris Appiani, due delle tre vittime della sparatria di settimana scorsa avvenuta a Palazzo di giustizia.
Un altro passaggio dell’omelia di Scola ha affrontato quello che può essere un frutto di questi tragici fatti per i milanesi e la nostra città: «Se la morte chiede di essere abbracciata dall’amore non abbiamo forse bisogno di fare di questo amore una sorgente di amicizia civica, un incisivo criterio di edificazione di Milano e delle terre lombarde in profonda trasformazione? Non è questo un compito da riservare solo a quanti hanno responsabilità istituzionali. È qualche cosa che, come ci insegnano, in addolorata dignità, i familiari delle vittime, deve cominciare dal profondo di ogni uomo e di ogni donna della nostra metropoli».
Tuttavia non esiste amicizia civica senza possibilità di riconciliazione, che non significa scordarsi il passato e far finta che nulla sia successo. Anzi, tutt’altro. «Con travaglio l’Arcivescovo – ha concluso Scola – non può non volgere ora un pensiero all’assassino. Le vittime innocenti di questo sciagurato pluriomicida ci chiedono almeno di pregare perché Claudio Giardiello, attraverso la giusta pena espiatoria, prenda consapevolezza del terribile male che ha compiuto fino a chiederne perdono a Dio e agli uomini che ha così brutalmente colpito».