Lo scorso lunedì, 17 giugno, in Consiglio comunale abbia definitivamente discusso e approvato la mozione sull’istituzione del cosiddetto “whistleblowing”, ovvero quel meccanismo di tutela di quei dipendenti che denunciano anonimamente presunti reati o irregolarità da parte della pubblica amministrazione.
Ieri, con un editoriale dal titolo “Delatori per legge” comparso sull’edizione milanese de il Corriere della Sera, Claudio Schirinzi ha espresso tutte le sue perplessità del caso: «I rischi di questa operazione sono fin troppo evidenti». Infatti, «Come evitare che l’impiegato frustrato scateni questo “venticello” per colpire il capufficio severo o per mettere fuori gioco il collega che gli contende una promozione?». E ancora: «Chi deciderà sulla buonafede delle denunce anonime? Chi valuterà la loro consistenza?». La mozione a tal proposito prevede un “Organismo di vigilanza autonomo e indipendente”, «Ma – si chiede Schirinzi – non è forse la magistratura l’unica istituzione titolata a valutare la fondatezza di una notizia di reato? E allora questo organismo che cosa potrà fare se non trasmettere a Palazzo di giustizia tutte le segnalazioni? E se poi la denuncia riguardasse un membro dell’organismo stesso? Insomma, chi controlla i controllori?».
Personalmente avevo lavorato ad una serie di “correttivi” tra i quali la possibilità di legare strettamente la “denuncia” ad una certificazione da parte della Corte dei Conti di avvenuto danno erariale nei confronti della pubblica amministrazione e ad un corrispettivo premio in denaro per il dipendente che aveva contribuito a svelare la corruzione. Tuttavia questa possibilità, molto in uso nei paesi anglosassoni, è ad oggi tecnicamente impossibile in mancanza di una legge nazionale al riguardo. Per questo motivo il Popolo della Libertà ha optato per astenersi dal votare questa mozione. Perché senza strumenti reali a disposizione della pubblica amministrazione quel che rimane sono affermazioni di principio che, tra l’altro, sembrano scimmiottare l’esasperato controllo del servizio segreto della Ddr, dove «il ministero della Sicurezza di Stato, si vantava di avere una spia in ogni famiglia», come ha scritto Schirinzi. E se lo dice il Corriere…