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Il Pirellone: «Integrare col lavoro»

Regione Lombardia pronta ad approvare un progetto anti-illegalità per favorire canali d’ingresso regolari e avviare alla formazione professionale gli stranieri.

 

di G. Gandola, su La Verità del 10 Marzo 2024

 

«È il lavoro e non l’accoglienza a costruire una convivenza possibile». E la filosofia concreta, quasi tedesca, ispira una proposta di legge all’avanguardia nel Paese del grande abbraccio fallito. Questa volta, a dare la spallata all’accoglienza diffusa cara al cattolicesimo sociale, al Pd e alle loro emanazioni cooperative dal ricarico facile, è la Regione Lombardia, pronta ad approvare un progetto di Matteo Forte (Fratelli d’Italia), presidente della commissione Affari istituzionali ed Enti locali, che prevede una regolamentazione del fenomeno per favorire canali d’ingresso regolari, promuovere la pacifica convivenza e contrastare l’illegalità», come sottolinea il primo firmatario.

Il progetto ha il lavoro al centro, vuol essere un modello repubblicano in alternativa a quello multiculturalista» e si inserisce nel contesto delle politiche migratorie ispirate dall’Unione Europea e avviate dal governo di Giorgia Meloni con il decreto Flussi e il Piano Mattei. Punto cardine della proposta è la promozione di canali d’ingresso regolari, percorsi di formazione professionale che partono dall’insegnamento della lingua da parte di enti accreditati e di avviamento al lavoro. In questo contesto verranno privilegiati i cittadini stranieri più vulnerabili, beneficiari di protezione internazionale, favorendo il loro arrivo attraverso corridoi umanitari, in condizioni di legalità e sicurezza. Per regolamentare il fenomeno verrà istituita, presso la giunta regionale, la Consulta lombarda per l’immigrazione (Cipi), della quale faranno parte rappresentanti degli enti locali, delle associazioni sindacali, del terzo settore e di associazioni di migranti (anche questa è una novità) attive sul territorio lombardo da almeno cinque anni.

Accanto a questa parte propositiva, che va incontro alle necessità di inserimento professionale in ambiti specializzati di lavoratori stranieri, il progetto Forte prevede il coinvolgimento della Regione a tu tela delle vittime di tratta e grave sfruttamento, con l’avviamento di protocolli con le prefetture e le questure e con contributi alle associazioni che si impegnano ad aiutare le vittime stesse a uscire dal regime di sfruttamento e talvolta di schiavitù. All’interno

zione e al contrasto della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista.

Al centro di tutto ci sono comunque l’immigrazione re polare e il lavoro (in Lombardia non poteva che essere così). A favore dei canali d’ingresso regolari parlano i nu-meri: l8on degli immigratile gali si integra e paga le tasse, il 94% degli ospiti stranieri delle carceri italiane è clandestino.

Il lavoro è invece considerato il vero motore dell’integrazione per bypassare il peccato originale della fallimentare accoglienza diffusa (amatissima da Sergio Mattarella e alla sua emanazione ministeriale

Luciana Lamorgese): la ricerca di un sussidio. Per spiegare il passaggio, il consigliere Forte cita una frase dello storico liberal Francis Fukuyama: in gran parte dell’Europa una combinazione di regole rigide e di benefit generosi spiega come gli immigrati non vengano in cerca di lavoro ma di welfare. La dignità si sviluppa attraverso il lavoro e il contributo che, con il lavoro, una persona dà alla società».

Il progetto di legge Forte non tralascia un ultimo aspetto: il diritto a non emigrare, con accordi di partenariato per rimuovere le cause profonde, Un punto fortemente osteggiato dalla sinistra lombarda, e soprattutto dal suo leader Pierfrancesco Majorino che non avrebbe più lo spunto per il turismo di testimonianza nei campi profughi del continente. Ma l’idea lombarda è condivisa da papa Francesco, che nell’ultima Giornata del migrante auspico «il diritto a non dover emigrare, ossia la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra».

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