Con i 34 voti favorevoli alla mia Mozione approvata ieri in aula, Milano apre gli occhi e pone nel dibattito pubblico un tema importantissimo: quello di un’imposta che mette a repentaglio l’esistenza di una sterminata realtà che eroga servizi ai cittadini e senza scopo di lucro. Milano è una delle comunità locali in Italia con la presenza più ricca e vivace di realtà non profit che operano, tra gli altri, in settori come l’assistenza sociale e sanitaria, il mutuo-aiuto, l’istruzione, la beneficienza, la cultura: 50 associazioni riconosciute con decreto del Presidente della Repubblica, 147 associazioni familiari, 461 organizzazioni di volontariato, 206 gruppi di self-help, 148 fondazioni ed enti morali di diritto privato, 220 cooperative sociali e 463 scuole paritarie di ogni ordine e grado, incluse quelle civiche, che offrono un servizio di istruzione pubblico integrato e garantiscono la libertà di educazione a studenti e famiglie.
L’Imu che gli enti non profit quest’anno devono allo Stato è una pugnalata alle spalle di tutto quel settore, dal volontariato alla cooperativa sociale fino alle scuole paritarie, che si pone tra lo Stato e il mercato. Il privato sociale, qualora rischiasse di non poter più erogare servizi, sarebbe costretto ad innalzare drasticamente le rette per gli utenti o, addirittura, a chiudere i battenti, con la necessità da parte dei cittadini di riversarsi tout court sui servizi comunali. Con l’aggravio di costi e spese che ciò comporterebbe per tutta la collettività. Un esempio? Se le paritarie della città chiudessero, gli 86.537 alunni iscritti si riverserebbero sulle scuole statali, con un aumento di spesa pubblica pari a 633 milioni 364mila euro, ovvero l’intero incasso dell’Imu sulla prima casa a Milano. La mia Mozione esprime, quindi, un rammarico per la scelta politica di tassare questo settore e formula la richiesta alla Direzione Entrate del Comune di potenziare il servizio di consulenza ed assistenza, specie per le realtà di piccola dimensione e poco strutturate.
Inoltre la Mozione invita la Giunta a chiedere chiarimenti al Governo circa “il riferimento a una frazione del costo effettivo” della scuola “da coprire con versamento di corrispettivi di importo simbolico” al fine di dichiarare la paritaria stessa “esercizio non commerciale”. Sindaco e Assessori, inoltre, dovranno farsi dire dall’esecutivo se “nel calcolo del corrispettivo di importo simbolico versato a copertura del costo effettivo del servizio” vanno considerati anche “eventuali contributi pubblici, diretti o indiretti”, come ad esempio il “buon scuola” in Lombardia.
In questa materia non si tratta di fare favoritismi a qualcuno, ma di riconoscere con buon senso che gli immobili posseduti dal cosiddetto Terzo Settore non sono fonte di lucro, ma destinati ad attività con finalità sociali che, oltretutto, comportano un risparmio per le casse pubbliche. E di questi tempi è da tenere bene a mente.